Pregiudizi e distorsioni di pensiero del pipatore: i bias della comunicazione piparia

di Pasquale Amoruso

 

La pipa è un oggetto culturale e di tradizione, una cultura e una tradizione che per lo più vengono tramandati oralmente, di generazione in generazione, da fumatore anziano a fumatore novizio, pertanto anche la pipa è una forma di comunicazione.
Come ogni forma di comunicazione, anche la comunicazione piparia è oggetto, o forse dovremmo dire vittima, di alcuni bias, che sono processi di pensiero automatici e non logici, basati sul: “Si è sempre fatto così/Mi hanno sempre detto così” che, in teoria aiutano chi li mette in atto a risparmiare tempo ed energie mentali, ma in pratica spesso limitano le potenzialità della pipa e del fumatore o addirittura, nei casi più seri, possono danneggiarli entrambi.
Vediamone alcuni.

Il bias del riposo.
La pipa va fumata una volta al giorno e poi deve riposare per tre giorni.
Un concetto che per fortuna va scomparendo ma che ancora molto spesso viene utilizzato è quello dello sforzo e del riposo della pipa. Al contrario di quanto voglia definire questo bias, non esiste una regola specifica per il riposo della pipa, e ogni pipa ha tempi di ripresa, chiamiamoli così, differenti. Una cosa è certa, Una pipa riesce a sopportare più di una fumata al giorno, ma anche due o tre, sarà lei a dire quando è stanca, scaldando o gorgogliando. Tuttavia, questo implica una certa sensibilità da parte del fumatore che, tante volte per pigrizia, si rifugia nel: “oggi tu riposi, perché ti ho fumata ieri”.

Il bias del caricamento.
Il caricamento corretto e migliore è quello dei tre pizzichi: bambino – donna – uomo.
Non esiste un vero e proprio caricamento corretto: il caricamento corretto è quello che ti fa fumare bene, che ti permette di non spegnere (o non spegnere spesso) la pipa, ti fa sentire tutti i sapori e ti concede una fumata appagante. Certo, è bene non pressare troppo il tabacco nel fornello: l’aria è un ingrediente importante nella fumata, ma tenuto fermo questo concetto, poi ognuno deve trovare il suo modo di caricare, quello che meglio si adatta alle sue esigenze, del resto ci sarà un motivo se esistono così tante tecniche di caricamento.

Il bias del rodaggio.
Il rodaggio è un passaggio fondamentale nella vita della pipa e si effettua caricando prima un terzo di fornello, poi due terzi e alla fine a fornello pieno.
Certo, all’inizio della sua vita “lavorativa”, la pipa è più delicata, il legno delle pareti del fornello è esposto e vulnerabile a bruciature, ma non per questo va trattata come un uccellino ferito. Il concetto di fumare la pipa per prepararla a fumare è una contraddizione in sé. L’unica cosa davvero importante, all’inizio della vita di una pipa (ma anche in seguito), è fare attenzione a non scaldare troppo. Adottata questa cautela, perché non riempire totalmente la pipa fin da subito?

Il bias della prima pipa.
La pipa per chi comincia e vuole imparare è la billiard, o in generale una pipa dritta.
Partiamo da un presupposto: il neofita non sa fumare la pipa. Che gli si metta in bocca una dritta o una curva, una churchwarden o una brucianaso, non sentirà nessun aroma, solo un vago sentore di bruciato, spegnerà in continuazione e produrrà una tale quantità di acquerugiola da farsi biasimare da un mastino napoletano. Stabilito questo, per chi si approccia alla pipa, una dritta vale quanto una curva.
Sì, d’accordo, le dritte favoriscono meno lo sviluppo dell’acquerugiola rispetto alle curve, ma questo vuol dire che, una volta imparato a non fare acquerugiola con una dritta, alla prima curva siamo punto e a capo. Posto invece che, per imparare, una pipa vale l’altra, a questo punto sarebbe addirittura meglio cominciare con una pipa “difficile”, anche una curva: è tutta palestra.

E per oggi, fermiamoci qui.