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Elogio delle gare di lento fumo

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di Gianfranco Ruscalla

 

Perché mai partecipare alle gare di lento fumo?
Molti me lo chiedono, o meglio molti fumatori mi chiedono se, al di là dell’aspetto ludico implicito in qualsiasi competizione, partecipare alle gare non sia contraddittorio con lo spirito di chi si fa una pipata in santa pace; le gare richiedono concentrazione, nonché una certa dose di masochismo: stare appostati nel controllare cosa accade nel fornello per due/tre ore non è certo un’attività divertente.

Eppure sono convinto che le gare abbiano grande utilità per le fumate dei momenti di svago, perché è in queste occasioni che si comprendono meglio le sfumature che permettono di godere al meglio delle nostre pipate normali.

Partecipai alla mia prima gara nel 1983, ai Campionati Italiani svoltisi a Torino, fumavo la pipa già da cinque anni, e come molti vivevo le solite frustrazioni: la pipa che si spegneva frequentemente, gusto del tabacco che si rovinava per una combustione troppo vivace (nella speranza vana di evitare quegli spegnimenti frequenti), acquerugiola che si accumulava, insomma tutto il cursus dishonorum che caratterizza i neofiti della pipa. L’esordio fu assolutamente infelice: 165mo su 173 concorrenti. Eppure, al di là dell’atmosfera di simpatia che respirai fin da subito in quell’ambiente un po’ “mattoide”, grazie ai preziosi e benevoli consigli che mi vennero dagli altri concorrenti, godetti di nuove scoperte sui meccanismi sottili che governano il fumo.

Con il tempo e con l’esperienza ho appreso che quell’attenzione rafforzata cui costringe una gara permette di avere una maggiore consapevolezza di sé, di cogliere i dettagli che costituiscono il proprio stile di fumata.

La verità è che si possono certamente dare generici consigli per fumare la pipa, ma in realtà non esiste un solo modo per fumare bene la pipa (qualsiasi cosa voglia dire): se si osservano coloro che eccellono nelle gare (come criterio generale possiamo dire quelli che superano le due ore di fumata), ci si accorge che ogni fumatore adotta un proprio stile: alcuni caricano la pipa tenendo il tabacco leggerissimo, altri lo comprimono con più decisione; gli uni danno una boccata appena accennata e aspettano pacatamente che la brace si faccia smorta prima di dare il successivo tocco di pigino, gli altri (quorum ego) usano il pigino con regolarità metodica. In conclusione ogni fumata nasce dall’incontro di due personalità: quella del tabacco, e non solo perché ogni tabacco ha un proprio carattere, ma perché lo stesso tabacco, a seconda delle circostanze ambientali (in particolare temperatura e umidità), si comporta in modo diverso, e quella del fumatore: l’ampiezza e la frequenza della boccata, la propria salivazione sono fattori che si “incontrano” con le caratteristiche del tabacco e incidono sul risultato finale.

Ancora oggi, confrontandomi con i “colleghi” con cui gareggio, scopro nuove vie per sopperire a certi inconvenienti: a volte funzionano, altre no, ma solo perché non tutte le strade sono compatibili con il mio stile personale.

In ultimo direi che non si può dimenticare l’imponderabile: gli elementi in gioco sono troppi, ed è vano volerli controllare tutti. Ai Campionati Europei di Würselen nel 2008 ebbi la ventura di stabilire il nuovo record del mondo. Una grande gioia, per me e per essere riuscito a contribuire all’ennesimo successo della nazionale italiana. Nelle oltre cento gare disputate in quarant’anni, quella è stata l’unica occasione in cui la brace non è mai, nemmeno una volta, andata sotto la superficie, il che certamente mi favorì. Perché successe? Ancora oggi non me lo spiego, se non pensando che in quel caso la dea bendata volle darmi una mano.

Galileo Galilei, padre del metodo scientifico, ci ammoniva che la strada per arrivare alla verità è incardinata su un imperativo ineludibile: “Provando e riprovando”. Questa mi pare la migliore esortazione, l’unico vero consiglio che si può dare a chi desidera trarre il massimo piacere dalla propria pipa.