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La carta delle pipe. Bulldog, Rhodesian e la loro famiglia: variazioni o shape distinti?

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di Pasquale Amoruso 

 

In principio era la pipa, e tutti la chiamavano pipa. Poi nacquero gli shape e lì cominciò il vero casino. Una billiard curva è sempre una billiard? Cosa fa di una blowfish una blowfish? Molto spesso, viste anche le variazioni sul tema apportate dai vari artigiani, è piuttosto difficile risalire ai precisi canoni originari di alcuni shape, al punto che, per certe forme, come fai, fai bene. Eppure, nel marasma vario della carta degli shape, nessuna forma genera più confusione e dubbi della Bulldog e della Rhodesian e delle differenze tra queste due.

Su questi due shape, infatti regna una enorme confusione. C’è chi le considera due versioni di una stessa pipa, chi crede che l’unica differenza sia nella curvatura: se è dritta è una Bulldog, ma se è curva allora è Rhodesian, come una sorta di Dr. Jekill e Mr. Hide. In realtà, la storia è molto più complessa di così, si tratta di due pipe e due shape completamente distinti,

Partiamo dalla “matrona”, la Bulldog, capostipite della sua famiglia (non a caso uso questo termine). La bulldog è uno shape tendenzialmente dritto ma che, come la Billiard, ha anche una variante curva, in questo caso si parla di bent Bulldog, e non di Rhodesian.
Da cosa si riconosce una Bulldog? Da due caratteristiche principali, la prima delle quali è sicuramente il cannello a sezione quadrata, detto anche cannello a diamante o “Diamond shank“, questo

perché la sezione del cannello ricorda il simbolo dei quadri, nella carte da poker, in inglese, appunto, diamond.
La seconda caratteristica è la testa, alta e non schiacciata, di forma bitroncoconica, ovvero due tronchi di cono speculari e uniti nella base maggiore.
In più, nella forma classica, in corrispondenza del diametro maggiore della testa, ovvero nel punto in cui i due tronchi di cono si uniscono, sono presenti due piccole scanalature, ma si possono trovare Bulldog anche senza questi solchi. L’abilità maggiore nella realizzazione di una Bulldog sta nel passaggio, che dev’essere morbido e graduale, tra la rotondità del cono inferiore del fornello e la spigolosità del cannello quadrato, nel punto più basso della testa.
Piccola curiosità: sapevate che il nome originale della Bulldog era Haiti?

Se la Bulldog è la madre della sua famiglia, la Rhodesian è sua sorella, decisamente non sua figlia. Anche la Rhodesian è uno shape tendenzialmente curvo, ma ha anche una variante dritta, in questo caso si parla di straight Rhodesian e non di Bulldog, ma personalmente credo sia proprio qui l’origine della confusione tra questi due shape.

La differenza principale tra la Rhodesian è la Bulldog è che la prima ha un cannello a sezione rotonda. La forma della testa è simile: anch’essa bitroncoconica ma più schiacciata e tozza.

 

Non a caso ho usato il termine “famiglia”, perché in effetti da questi due shape derivano una serie di altre forme, nate come variazioni sul tema ma che col tempo si sono scavati la loro nicchia evolutiva nella carta degli shape.

 

La prima variazione ufficiale è la Bullcap, che definirei “figlia” della Rhodesian. È questa

una squat straight Rhodesian, cioè dritta e con una testa schiacciata e molto più larga rispetto al fornello. In aggiunta, essendo la testa molto schiacciata, il tronco di cono superiore è molto basso, quasi un rim un po’ più gonfio.

 

Seconda variazione è la Bullmoose, anch’essa figlia della Rhodesian, è in effetti, come la definisce qualcuno, una Rhodesian curvy, cioè testa squat, la classica testa Rhodesian però schiacciata, e cannello molto largo, diciamo pure cicciotto.

 

Ultima variazione è la Eskimo, o Ukulele, a seconda se vi piace di più Tom Eltang o Ed Burak, i due “padri di questo shape” (e ridanghete con la famiglia).

Variazione della Bulldog, la Eskimo è una Bulldog schiacciata, con la testa squat e un cannello largo e piatto che parte poco sotto il diametro maggiore della testa, e che in parte la ingloba, e gradualmente si assottiglia fino al dente. Nella versione di Eltang, la pipa è interamente in radica e il bocchino è tutt’uno col cannello.

Lo so, c’è da diventare matti. Le variabili sono tante, le differenze piccole e spesso capita che gli artigiani, chi per vezzo, chi per inesperienza (perché ce ne sono), mischino le varie combinazioni e chiamino in un modo una pipa che, valla a guardare, risulta tutt’altro. Oh, questo non è necessariamente un male: a patto che la pipa sia ben eseguita, che importa come la si chiama? “Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?” (W. Shakespeare… o C. Marlowe)

Stretta la foglia, larga la via…dove ho lasciato la pipa mia?