Il paradossale rodaggio alla francese
di Pasquale Amoruso
Partiamo subito da una domanda: se il rodaggio è una fase tanto essenziale quanto delicata, perché esiste il rodaggio “alla francese”?
Il rodaggio. Oh, no, ancora!? Sì, be’, vero: del rodaggio si è parlato ovunque in prosa, musica e poesia, quantomeno del rodaggio classico. Sappiamo tutti di cosa si tratta, è quel periodo di iniziale utilizzo della pipa nuova, in cui si forma la crosta che isolerà il legno del fornello da eventuali bruciature e con cui il legno perde il sapore del tannino, assorbendo calore e aprendo i pori. C’è chi lo osanna, chi lo fa per abitudine, chi lo trova inutile, chi semplicemente lo ritiene un mito.
Al di là delle speculazioni filosofiche se sia utile o no, però, si è tutti d’accordo sul fatto che sia un passaggio delicato della vita della pipa. La radica del fornello è nuda, il legno è esposto e più sensibile (eccezion fatta per i fornelli pretrattati, ma quelli non hanno bisogno di rodaggio). Dunque la parola d’ordine in fase di rodaggio è “discrezione”: discrezione nel non fumare troppo la pipa, potrebbe stancarsi la piccina, meglio una volta al giorno e poi a nanna; discrezione nel non riempire totalmente il fornello fin da subito, meglio andare per gradi: prima un terzo, poi metà, poi tre quarti… Discrezione nel non scaldare troppo: il legno nudo è come una ferita aperta e bla bla bla.
Insomma, il rodaggio classico è la convalescenza della pipa. Un periodo in cui la pipa non va fatta sforzare e va trattata con più riguardi possibile, prima che sia pronta ad essere maltrattata. Ma allora in questo, come si spiega il rodaggio forte o alla francese?
Per chi non lo conoscesse, il rodaggio alla francese consiste nello stressare la pipa fin da subito. Si attua caricando completamente il fornello fin dalla prima fumata e fumando la pipa due, tre, quattro volte al giorno per una quindicina di giorni. Una prova di resistenza che permetterebbe alla camicia di formarsi più rapidamente e al calore di aprire i pori del legno, e quindi traspirare maggiormente, per favorire l’assorbimento delle sostanze aromatiche del tabacco e consentire la piena maturazione della pipa.
Al contrario di quanto avviene con il rodaggio classico, il rodaggio alla francese è il periodo di maggior stress della pipa, terminato il quale, poi si avvia a una vita serena e normale.
Dunque, nel primo caso la pipa va fumata poco e a carico ridotto, nel secondo va fumata tanto e a pieno carico. Nel primo caso occorre far attenzione a che la pipa non si stressi, nel secondo la pipa va stressata. Nel rodaggio classico occorre prestare attenzione ai sentimenti della pipa, nel rodaggio alla francese se non la umili, non lo stai facendo bene.
E be’!? Come si coniugano le due cose? In quella fase, la pipa è delicata o no? Può o non può sopportare lo stress delle fumate regolari? Sono due metodi opposti, che si basano su due concezioni della pipa che si annullano a vicenda ma che tendono allo stesso risultato. Come può esistere un metodo se esiste l’altro?
Eppure il rodaggio alla francese esiste e ha il forte sostegno di alcuni noti e apprezzati pipemaker. Per esempio, Massimo Musicò e Bruto Sordini in più occasioni hanno sostenuto la necessità di “maltrattare” le loro pipe, stressandole con più fumate al giorno.
Presi come dati che entrambi i metodi esistano e quindi coesistano, e che entrambi i metodi funzionino, avendoli personalmente sperimentati, a questo punto la vera domanda è: il rodaggio esiste veramente?
Non è più probabile, a questo punto, che la pipa sia bella e pronta a fumare fin da subito? Che formerà la sua bella crosta o che perderà il suo tannino indipendentemente se le facciamo il rodaggio classico, il rodaggio forte o se non le facciamo alcun rodaggio?
Del resto, forte o classico che sia, ammettere che il rodaggio sia un modo di fumare la pipa per preparare la pipa a fumare è una contraddizione in termini.
Quindi, alla fine, il rodaggio serve più alla pipa o seve più al pipatore?