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Le pipe “Chemintz”, falsi preziosi su larga scala

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di Pasquale Amoruso
Nei giorni dell’ultima Festa della Pipa, a Cagli, ho potuto conoscere Michal Koža. Michal è il vice presidente del Pipa Club di Nitra, in Slovacchia, e uno degli obiettivi principali di questo pipa club è la ricerca storica sulla pipa e la conservazione delle testimonianze del suo passato. Nel logo di questo pipa club è raffigurata una particolare pipa di argilla, che noi in Italia conosciamo come “Chemintz” e visto che intorno a questa pipa si sviluppa una storia davvero interessante, mi sembra questa una buona occasione per rievocarla 

Queste pipe, infatti, rappresentano uno dei primi esempi della storia di contraffazione di un marchio su larga scala. A noi giungono come Chemintz, ma il nome originale è Schemintz, la “S” è andata persa nella contraffazione (più o meno come trovare una scarpa NAIK, o un orologio Solex), e Schemnitz non è il nome del produttore, bensì il nome in lingua tedesca della città di Banská Štiavnica, nella vecchia Slovacchia, antichissima città mineraria dove queste pipe nacquero, durante la guerra dei 30 anni, alla fine del 1600, all’epoca, sotto l’impero Austro-Ungarico.

Oltre alla pregiata fattura e al materiale particolarmente resistente di cui erano composte (un particolare miscuglio di argilla bianca e argilla rossa che richiedeva un tempo di preparazione di oltre sei mesi, e poi una lenta cottura delle pipe, per oltre 50 ore a tre temperature diverse), la particolarità di queste pipe era la loro meccanica. Sotto il fornello, le pipe avevano una camera di condensazione, collegata alla camera di combustione da due fori: uno serviva a depositare per gravità gli umori del tabacco e l’acquerugiola, mentre l’altro, costituendo il percorso più breve per l’aria, procurava un fumo piacevolmente asciutto.

Le pipe di Schemnitz, chiamiamole così, “originali” si riconoscono da un fornello a sezione ottagonale, più rari ma comunque diffusi i fornelli cilindrici, a botticella, a cono rovesciato, a forma di tazza oppure svasate, e persino modellate a forma di testa di vecchio barbuto. La costante è un fregio a forma di conchiglietta sul fondo: la camera di condensazione.

Altro elemento tipico di queste pipe era il colore, rosso bruno oppure nero, ottenuto con l’aggiunta di particolari carboni insieme alle pipe, durante la cottura.
Erano variamente decorate e, poiché Banská Štiavnica, la città dov’erano prodotte, era una città mineraria sin dall’antichità, i produttori di pipe locali, per distinguere l’originalità delle loro opere iniziarono a imprimere sul fornello due attrezzi da minatore incrociati, del tutto simili a quelli simbolo della città di Banská Štiavnica.

La massima diffusione delle pipe di Schemnitz si ebbe all’inizio del 1800 e fu allora che cominciarono a circolare i primi tarocchi.

Benché fossero fabbricate principalmente a Banská Štiavnica, tentativi di imitazione nacquero in tutto il mondo, con manifatture dal Sudafrica alla Turchia. Persino in Italia, a Bassano del Grappa, sorse un’importante manifattura che produceva, a metà ‘800, pipe di Schemnitz. A onor del vero, la manifattura di Bassano fu una di quelle che si impegnò maggiormente per fornire un prodotto quanto più simile all’originale, inquanto si serviva di alcuni stampi originali della zona di Banská Štiavnica e utilizzava come materia prima della terra che si faceva spedire direttamente dalla cittadina slovacca. Insomma, delle copie, sì, ma estremamente simili all’originale dal punto di vista della qualità, e non robaccia di scarso valore.

Ma se Bassano sfornava falsi di pregio, tentativi di imitazione delle Pipe di Schemnitz non altrettanto virtuosi sono rintracciabili in tutta l’Austria-Ungheria, in Germania, Russia, Belgio, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Sud Africa ed India.
Gli stampi venivano copiati o regolarmente acquistati, e ogni pipa aveva un marchio di controllo, imitazione dell’originale, a volte accurata, in molti casi grossolana, per suggestionare e ingannare il compratore.
A volte venivano commessi anche dei grossolani errori, anche in buona fede, probabilmente per l’ignoranza della lingua, e così una dimenticanza della lettera «S» sul marchio potrebbe aver trasformato “Schemnitz” in “Chemnitz”, come le chiama Dino Buzzati, dando origine a non pochi equivoci sulla vera origine di queste pipe (Appunto il caso della manifattura di Bassano).

Addirittura, alcune prodotte a Bassano del Grappa, portano impresso “Takagg-Selmeczi” oppure “Takacs Selmeczi” dove Selmeczi è un altro nome della città di Banská Štiavnica, e Takacs è il nome di un famoso artigiano slovacco dell’epoca, la cui bottega, però, non si trovava a Selmeczi, bensì a Zvolen. Un po’ come trovare una pipa originale Dunhill col marchio “Made in Italy”.

Negli anni, la contraffazione è stata piano piano condonata come una sorta di stile, come pipe “alla maniera di Schemnitz”, tanto che i vari produttori in giro per il mondo cominciarono a stampare i propri marchi insieme alle punzonature “originali” di Schemnitz, come nel caso della manifattura di Bassano, che trovò in Giuseppe Reatto, Bepi, il continuatore e il principale produttore di pipe “alla maniera di Schemnitz”.
Pipe e storia della pipa.