Non è uno sport per gentiluomini

Di Pasquale Amoruso

La pipa è proletaria.

Certo, Alfred Dunhill ci ha messo del suo per farla passare per uno status symbol del lusso, un oggetto per gentiluomini, ma se pensiamo alla storia della pipa, se pensiamo a Pipe Rossi, ai fratelli Lana, a Carati, se pensiamo alla radica e alla diffusione della pipa in massa, ci rendiamo conto che, alla fine, il mantello della nobiltà sulle spalle della pipa è piuttosto corto.

fin dal principio, al netto di quella rituale, era un oggetto di produzione casalinga, fatta di legni poveri, terracotta o gesso, non esistevano gli artigiani della pipa nella concezione moderna che ne abbiamo, perciò le pipe erano un oggetto povero e che durava poco. Ed ecco che tra il 1500 e il 1600, per distinguersi dalle masse che fumavano la pipa, la nobiltà europea cominciò a fiutare il tabacco.

piccolo Ovviamente, laboratori artigianali e anche piuttosto importanti esistevano, Savinelli, ad esempio, nasce come rivendita di pipe artigianali, prodotte proprio nel varesotto, Charles Peterson era un artigiano che faceva pipe su ordinazione e che aveva cominciato a lavorare proprio con la schiuma di mare. In più, di sicuroDa allora fino al secondo dopoguerra, le pipe in radica (quindi la quasi totalità delle pipe vendute) erano di fattura industriale, perché le industrie potevano permettersi grandi numeri e tenere i costi bassi.
In questa prima fase, tendenzialmente, non c’era una grande ricerca delle forme o del design, essenzialmente perché non era ancora così diffuso il collezionismo come lo è oggi: l’importante era offrire un prodotto valido e che fumasse bene e le pipe che venivano smacchinate erano sostanzialmente in due shape: la dritta e la curva. Te ne compravi una, te la ficcavi in tasca, la maltrattavi, ci fumavi quello che volevi e non ci pensavi più. Essendo uno strumento e non un orpello, il fumatore ne aveva due, tre, i più estrosi quattro, va’, ed erano quelle per tutta la vita.

lta. (Continua…)